L’articolo “Ilva o mai più” di Luca Piana e Gloria Riva, pubblicato su “L’Espresso” del 25 febbraio, sfocia in un appello alla Cassa depositi e prestiti, che costituisca una cordata credibile per l’acquisto e il rilancio dell’Ilva, in modo che non si ripeta la disavventura dei patrioti che rilevarono Alitalia sub Silvio. Persisto l’obiettivo di una produzione sostenibile, grazie alla presenza del porto, all’arrivo di grandi navi e a un altoforno più efficiente. Il piano di ripresa “ambientalista” dell’Ilva del commissario Enrico Bondi è stato sostituito dall’intenziione di vendere. Tra gli interessati però ci sono gruppi industriali assai indebitati: sono anni di crisi, e in se stesso – si può aggiungere – il settore dell’acciaio vive insieme alla scelte economiche dello Stato. Arvedi, che pure ha chiuso il bilancio 2014 in utile grazie a un aumento di capitale, e Marcegaglia sono gravati da indebitamento, come anche il colosso Arcelor. Con quali soldi possono acquistare Ilva e soprattutto investire? Se lo domanda il sito Tarantobuonasera.it (http://www.tarantobuonasera.it/taranto-news/cronaca/414148/news.aspx).
Decisivo sarà il ruolo dei risparmiatori postali, dato che la Cassa depositi e prestiti – una delle società che hanno manifestato interesse – usa i loro soldi e dovrà farlo con grande serietà.
C’è tanta politica, inevitabilmente, nell’articolo dell’Espresso, perché sono in gioco soldi pubblici e decisioni dei governi. Davvero però l’altoforno numero 5 potrà diventare sostenibile, una volta che sarà sostituito con forni elettrici che bruceranno non carbone ma gas? I rottami da fondere, dopo l’esposizione a monossido di carbonio e idrogeno, conterranno una quota più elevata di ferro metallico, che nei forni elettrici si potrà fondere.
Aumenterà di molto il consumo di gas in prossimità di una città: un miglioramento rilevante rispetto al carbone, ma sarà veramente sostebiile? La compravendita di gas, ancora una volta, risulterebbe protagonista, se l’Ilva tornerà a svolgere un ruolo internazionale di primo piano. Con i soldi pubblici. La stessa acciaieria Arvedi ha ricevuto un finanziamento Bei. Non sono le banche private a investire: l’incombenza riguarda lo Stato – e i risparmiatori postali se il progetto della Cdp si concretizzerà.